Articolo tratto da:
Adriatico
Manuale per un viaggio teatrale nei balcani
A cura di
Andrea Porcheddu
Bologna, 21 settembre duemila
Laminarie: a Mostar, l’altra realtà
L'incontro con Bruna Gambarelli avviene perché il gruppo
bolognese Laminarie, da lei guidato con Febo Del Zozzo, ha svolto
alcune interessanti attività di laboratorio e spettacolo
a Mostar e Sarajevo. Ci diamo appuntamento in un bar del centro
città; attraverso portici e strade trafficate la raggiungo.
Bruna Gambarelli è giovane, ma determinata nelle sue scelte.
Ha spesso preso posizioni scomode nel “dibattito” teatrale
italiano: il gruppo Laminarie, da poco riconosciuto e finanziato
dallo Stato, ha sempre cercato percorsi diversi, strategie comunicative
non convenzionali, ha rischiato in prima persona avventurandosi
in imprese spesso "non protette" dalle istituzioni, pur
di portare avanti la propria visione artistica e teatrale. Chiedo
a Bruna di raccontarmi della loro esperienza: se ne era già
parlato, molto tempo addietro, in altra occasione. Ma questa è
la prima volta che abbiamo tempo e modo di affrontare il tema con
maggior completezza. Secondo Gambarelli l'approccio più adatto
a una realtà complessa quale quella della ex Iugoslavia è"periferico":
occorre, infatti, evitare le grandi città, i centri di potere,
e muoversi verso le periferie, i bordi estremi, cercare le persone
e capire chi sono, come lavorano, cosa fanno. Non è affatto
semplice comprendere le dinamiche di quei paesi: la prima risposta
che si ha, avverte Gambarelli, è di sentirsi considerati
come una "possibilità". Ci vuole tempo prima che
gli artisti della ex Iugoslavia accettino l'idea di avere a che
fare, semplicemente, con dei colleghi.
« Quando siamo arrivati» racconta Gambarelli «al
Festival di Mostar, nonostante i recenti accordi di Dayton la guerra
continuava: Mostar era rasa al suolo, la parte orientale inesistente.
Il lavoro si svolgeva in un Centro per Giovani, costruito con soldi
dell'Unione europea, che era attrezzatissimo, ricchissimo, bianchissimo»,
mentre la compagnia bolognese cercava uno spazio "sporco e
distrutto". Il direttore organizzativo del festival, di ventotto
anni, ha poi esaudito le richieste del gruppo.
A Mostar, dove nel frattempo si ricostruiva la sede per il Teatro
di Figura, Laminarie ha svolto un'attività laboratoriale
per giovani che è culminata in uno spettacolo, cui assistettero
oltre duecento persone, nonostante il freddo invernale. Lo stesso
spettacolo, poi, è stato portato in Italia e ha fatto tappa
a Longiano. Secondo Gambarelli non ci sono state particolari difficoltà
linguistiche o comunicative nell'incontro con i giovani locali:
il problema, semmai, è stato comunicare in Italia quanto
visto e vissuto a Mostar, far capire che lì esisteva un teatro
nuovo, un teatro dove l'arte era usata come "arma" culturale.
Durante la guerra i teatranti di Mostar hanno continuato a lavorare,
non hanno mai smesso di mandare segnali verso gli altri paesi, verso
l’Italia, ma in pochi li hanno raccolti...
E’ un'amara considerazione quella di Bruna: capire che forse
la "povertà (non certo economica, ma culturale) sta
molto di più dalla nostra sponda dell'Adriatico che non dall'altra.
E bastano pochi istanti per capirlo... Il suo suggerimento per il
nostro "Progetto Adriatico" è di non passare per
le vie ufficiali, ma scoprire cosa succede a diversi livelli, andare
nei luoghi e cercare di capire cosa gli artisti cerchino, cosa vogliano
vedere.
Con molti degli artisti della ex lugoslavia, afferma Gambarelli,
non si può ragionare in maniera generica, ma occorre tentare
un confronto concreto, reale. E cercare di comprendere le città
e le persone, il teatro e gli artisti, magari avvalendosi della
collaborazione di qualcuno che è al di fuori del mondo teatrale.
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