Presentazione della compagnia Laminarie
di Claudio Meldolesi
SUI PRIMI LUNGHI PASSI DI LAMINARIE
Mi si consenta un incipit da testimone
che muove dal 1980. Da poco allora insegnavo a Bologna, fra Lingue
e Lettere moderne, quando cominciarono a chiedermi consigli collaborativi
due studenti luminosi, resi tali dal sentimento che li legava come
da coraggio autodidattico ; quello che li ha anche portati a creare
Ravenna Teatro. Passato dopo al DAMS, quindici anni fa, quella dinamica
si ripetè più di una volta e, in due casi, con particolare
intensità: non a caso, ancora sono legato agli artisti di
Ravenna, come a questi al gruppo dei Due Mondi e a Bruna Gambarelli
fondatrice insieme a Febo Del Zozzo e a Fabiana Terenzi del gruppo
Laminarie, che mi ha introdotto a ciò che sto per dire. Bruna,
formatasi a Cesena con la “Raffaello Sanzio” - una “societas”
d’arte da cui anch’io ho imparato- ha assunto poi responsabilità
promozionali pensando a un teatro dell’arte e dell’uso
sociale insieme.. E’ generoso d’incontri il DAMS per
chi cerca oltre. E’ davvero a un oltre ho fatto cenno, ché
in Romagna sono fiorite almeno altre dieci realtà teatrali
notevoli, dalla Valdoca e dal Festival di Santarcangelo a gruppi
nuovissimi. Tanto che di una “scuola romagnola” si potrebbe
parlare, come agli inizi del Nuovo Teatro Bartolucci definì
“scuola romana” il nucleo più consistente dei
suoi nuovi artisti.
polemicamente attivi nella città dei ministeri.
Dalla Romagna delle “radici anarchiche” viene questo
miracolo teatrale, in contrasto con la Romagna turistica, ma avendo
anche trovato in questa degli stimoli per cavarne sopravvivenza
e parametri di differenziazione.
Non a caso “Laminarie” stesso è segnato da questo
prima, con il suo far teatro in contrasto: sostenendo l’immaginazione
dei ragazzi e dei bambini a scuola e altrove e portando la sua scena
nella ex-Jugoslavia, già durante la guerra civile, per favorire
l’autocoscienza, l’antirazzismo, un senso altro del
tempo, e la rinascita collaborativa degli individui.
Nell’ambito del teatro di tragedia si colloca questo gruppo
, perché nato guardando alle scene novecentesche che fecero
dell’etica un luogo della loro identità e di nuova
bellezza, specializzato dal rapporto diretto con la sofferenza,
l’umiliazione, l’inadeguatezza. Ma poi quella diffidenza
per la consequenzialità astratta delle parole ha distanziato
le Laminarie dall’ eloquio tragico come dalla logica suasiva
del senso politico. Esse chiedono così allo spettatore di
partecipare agli enigmi della tragedia che la scena gli offre con
il senso della tragica impotenza che è quotidianamente da
lui stesso sperimentata, sapendo degli eccidi nel terzo mondo come
assistendo a sopprusi del dominio nel suo habitat.
Sicché il Gestus di questo teatro
prevalentemente visivo consiste nell’attivare lo spettatore
attirandolo nell’ingiusto e, da qui, inducendolo a interrogarsi
e a decifrare a suo modo i segni oscuri che segue sulla scena.
Tragica è la realtà che questo teatro assume e che
ci chiede di riconsiderare straniandoci dalle nostre tranquillità
illusorie come dal falso senso del dolore che la spettacolarizzazione
televisiva alimenta. Tanto che ormai i cimiteri sono tenuti lontani
dalla vita metropolitana e gli ospedali sono organizzati come quartieri
a se stanti: dove si passa solo per bisogno individuale come solo
per bisogno civile si conosce Mostar. Socialmente preziosa e teatralmente
raffinata si è fatta e ancor più tende a farsi così
la scena delle Laminarie, di queste presenze sceniche radicate alla
terra nuda. Anche se la limitatezza delle partiture drammaturgiche
non facilita la partecipazione, in questi spettacoli l’impatto
visivo determina un ricco spaesamento. Certo può darsi che
vadano cercate soluzioni ulteriori, rispetto a quelle di partitura,
che il teatro del Duemila chieda altre dinamiche drammaturgiche,
personalmente, però, credo che dall’interno del già
fatto vada superata questa incompiutezza. In più di una occasione
Laminarie ha determinato una fusione reciproca dai suoi faccia a
faccia rappresentativi con la gente di Mostar e delle altre piazze
che ha raggiunto con le sue povere, audaci tournées.
Questo gruppo adolescente, per così dire, sa far teatro inquitante
bruciandovi la sua forte acculturazione. Così, anche nel
fango che occupava il palcoscenico nei suoi primi tempi sembrava
che fossero messe alla prova le teorie professate e che quelle sopravvissute
a tale selezione fossero solo tenute in vista per il futuro, divenendo
nel presente visioni originarie e intime per gli spettacoli seguenti.
“Laminarie”, sono chiamate delle alghe simili a quelle
dell’Adriatico che si fissano sui fondali come radici.
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