Le sette prove di Sara, bimba prigioniera
a Palazzo d’Accursio
Sara, una bambina, rimane prigioniera per una sera a Palazzo d’Accursio.
Per ritrovare la via d’uscita deve superare sette prove, ognuna ambientata
in una diversa sala. Ci sono un bel po’ di giocatori di rugby ad aiutarla
e come primo atto le consegnano la palla ovale che porterà durante
le prove e con la quale riuscirà a fare meta e a ritrovare la libertà.
Palazzo d’Accursio, il palazzo del governo della città, svuotato da
sindaco, consiglieri, assessori, uscieri e dipendenti comunali diventa
il palcoscenico del nuovo spettacolo di Laminarie (…), Storia senza
nome, proposto per “bè bolognaestate05” (…). E’ una fiaba itinerante,
una storia senza nome come la filastrocca “stelle senza nome” di Gianni
Rodari, che non attinge a nessuna fiaba popolare conosciuta pur rispettandone
la struttura. “Abbiamo scelto di non lavorare su un testo noto – spiega
Bruna Gambarelli – perché abbiamo creduto più importante lasciar parlare
il palazzo, cogliere dal luogo le suggestioni che hanno poi portato
alla drammaturgia finale”. Il pubblico entra nel Cortile d’onore di
Palazzo d’Accursio, dove c’è una bambina di 9 anni, Sara (interpretata
da Sara Gambarelli), che sta giocando. Una voce le intima che lì non
può stare e che adesso è prigioniera di quel luogo e che per uscire,
e far uscire quelli con lei, cioè il pubblico, deve superare sette
prove. “Uscire dalla mischia” è quella che deve superare nel cortile.
E in suo aiuto arrivano i giocatori del Rugby Reno Bologna. “Perché
il rugby? In primo luogo perché è una passione di Febo Del Zozzo,
che era un giocatore,e poi per i significati di questo sport” racconta
Bruna Gambarelli. “E’ uno sport che ha in sé la narrazione, è la conquista
di spazio all’avversario, contiene delle prove da superare per arrivare
alla meta e lo stesso avviene nello spettacolo. E poi è uno sport
di contatto che richiede rispetto per l’avversario. Dai giocatori
di rugby (…) Sara ottiene la palla ovale che non abbandonerà. Altre
prove la aspettano: “la salita” lungo la scala dei cavalli, “calibrare
la forza” in sala d’Ercole, “vincere la parola” nella sala del consiglio,
“capire i sensi” di nuovo nella sala d’Ercole, “accogliere le belve”
lungo la manica lunga, “superare il gesto” in sala Farnese. “Così
proseguiamo il nostro lavoro di ricerca sulla fiaba popolare, e come
in La guardiana delle oche e Jack e il fagiolo magico, abbiamo deciso
di lavorare in uno spazio non teatrale.” (…) Marina
Amaduzzi, La Repubblica, 28 Agosto 2005
Fra i misteri del Palazzo
Le sale del Palazzo d’Accursio, come in una fiaba, viste dagli occhi
di una bambina. E’ pensato per i più piccoli, ma è in grado di affascinare
anche gli adulti, lo spettacolo itinerante che da domani sera la compagnia
di teatro di ricerca Laminarie presenta lungo un percorso dal cortile
d’onore fino alla sala Farnese. (…) E’ stato il palazzo a suggerire
la “storia senza nome”? In realtà, lo spettacolo è l’ultima tappa
di un lavoro iniziato l’anno scorso: prima, abbiamo cercato di capire
i bambini direttamente nel loro mondo e lo abbiamo fatto attraverso
un laboratorio, all’interno della ludoteca comunale in vicolo Balocchi,
coinvolgendo sia i bimbi che i genitori. Altra tappa del lavoro? Lo
spettacolo Le ferriere di Efesto, presentato in una ferriera e prodotto
in collaborazione con il comune di Porretta Terme. Lì abbiamo sperimentato
la dimensione dello spazio non teatrale: poi, l’idea di utilizzare
Palazzo d’Accursio, per noi, è stata una sfida, perché è l’edificio
più importante della città ed è uno spazio molto complesso, ricco
di simboli ed elementi architettonici e artistici. Noi lo attraversiamo
tutto (…). Come avete sfruttato questa ricchezza? Inventando una fiaba
nuova, che potesse avere come protagonista il luogo stesso. (…) E’
una storia semplice: la bambina rimane prigioniera del Palazzo e per
liberarsi deve superare, insieme al pubblico e interagendo con altri
sette attori e la danzatrice Simona Bertozzi, sette prove, la cui
natura è suggerita dalle sale e dagli angoli dell’edificio. (…) Insomma,
non ci interessa raccontare cosa accade o cosa è accaduto in quelle
stanze, ma ci piace immaginare di poter coglierne degli aspetti segreti,
magici. (…) Luciana Cavina, Il Resto
del Carlino, 28 Agosto 2005 |