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Parole insulse
è un gioco di parole condotto da un tipografo-compositore alla
ricerca di nuove parole per parlare. Il gioco dei rimandi linguistici
ha il sopravvento rispetto a quello narrativo e l’allestimento
gioca con l’impatto visivo delle sale inserendo elementi astratti,
sia scenografici sia drammaturgici.
Parole insulse è pensato come un evento che coinvolge adulti
e bambini, dando agli spettatori la possibilità di compiere
un’esperienza teatrale all’interno di un edificio storico che
svolge un importante ruolo istituzionale per la città.
Seguendo il percorso dei personaggi attraverso le sale colorate
del Palazzo, il pubblico attraversa e sperimenta lo spazio architettonico
dell’edificio da un punto di vista insolito e inatteso.
Nella messa in scena, le parole si rincorrono attraverso le
grandi sale del Palazzo, creando un corto circuito di modi di
dire e di luoghi comuni, di parole sconosciute e di assonanze,
trasformando l’edificio storico in un labirinto linguistico
che diventa anche spaesamento giocoso.
In Parole insulse, il linguaggio riacquista un significato solo
attraverso l’esperienza ludica dello smarrimento di senso e
attraverso un’implicita riflessione sul valore del nostro parlare.
Parole insulse è un gioco con le parole.
Parole da smontare, demolire, rompere, scolorire e rifare.
Sono molti gli obiettivi che le parole possono raggiungere.
In altre parole: abbiamo molte ragioni per parlare. Abbiamo
molte ragioni per parlare, in altre parole.
Esistono ragioni, per esempio, per dire, ai bambini di non
essere distratti, di non sbuffare, di non togliersi la giacca,
di non fischiare, di non strisciare le scarpe, di non correre.
Esistono però anche altre ragioni per parlare, più serie:
parlare per giocare.
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